
E’ una delle poche malerbe in piena fioritura in questo periodo nel mio quartiere romano. Invade i marciapiedi con imponenti mazzi di foglie appiccicose di un bel verde tenero e fiori gialli che somigliano a quelli dell’Arnica. Intorno solo la paglia delle graminacee bruciate dal caldo della passata estate e cuscinetti di Eliotropo: il mio orto-botanico-sotto casa con l’avvento dell’autunno fa quello che può.
Conoscevo questa pianta con il nome di Inula viscosa e la ritenevo parente stretta della più blasonata Inula campana, officinale di chiara fama. E invece ho scoperto che sono state rilevate differenze morfologiche degli acheni e dei pappi, con la conseguente separazione dal genere Inula e la creazione del genere Dittrichia, in onore di Manfred Dittrich, esperto di Asteracee ed ex direttore del Giardino Botanico di Berlino. E indagando ancora è venuto fuori che il basionimo, ossia il primo nome ufficialmente riconosciuto da cui sono derivati i successivi, risale al 1753 ed è Erigeron viscosum.
Naturalmente la pianta in questione non si cura di tutti questi cambiamenti, ha una discreta fama nell’utilizzo curativo popolare per il trattamento di dermatiti, eczemi e punture di insetto e vanta una qualche utilità in agricoltura per il contenimento della mosca delle olive. Non è gradita agli erbivori per il forte odore aromatico, ma la sua fioritura tardiva, che può proseguire per tutto il mese di ottobre, fornisce abbondante polline e nettare alle api in un periodo in cui le fioriture scarseggiano.
Contribuisce però efficacemente solo alla produzione autunnale del miele millefiori, visto che il miele monoflora di Dittrichia risulta avere un sapore troppo forte ed eccessiva tendenza alla cristallizzazione, per cui gli apicoltori lo lasciano volentieri alle api per le loro riserve invernali.